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Penni, G.G., 1515. Forma & natura et costumi de lo rinocerothe stato condutto im Portogallo dal Capitanio de larmata del Re & altre belle cose condutte dalle insule nouamente trouate. Impresso in Roma: in casa de mastro Stephano Guilireti a di tredici de luio, 1515. Roma, 13 July 1515, pp. 1-4

  details
 
Location: Captive
Subject: Captivity - Before 1800
Species: Indian Rhino


Original text on this topic:
This is a very rare booklet / pamphlet
There is a copy in the Institucion Columbina, Sevilla, Spain, sign. 6-3-29 (29)
The scans in the PDF were provided by the library in June 2012.

https://opac.icolombina.es/opac/abnetcl.exe/?TITN=3883

Forma & natura & costumi de lo Rinocerothe
stato condutto importogallo dal Capita
nio de larmata del Re & altre belle cose con
dutte dalle insule nouamente trouate.

Impresso in Roma in casa de mastro
Stephano Guilireti a di tredici de Lu
io nel mille e cinquecento e quindici.
Jo. Ja. De Pennis faciebant Rimas

FORMA E NATURA E COSTUMI DE LO RINOCEROTE STATO CONDUTTO IN
PORTOGALLO DAL CAPITANIO DE L’ARMATA DEL RE ET ALTRE BELLE
COSE CONDUTTE DALLE INSULE NOVAMENTE TROVATE.

Qual fa il caval, che ne la guerra è uso
che anitrisce, raspa e non si ferma
e salta e molte volte isbuffa il muso
s’avien che la trombeta suoni a scherma,
così fo io, benché inetto mi accuso
a compor versi ho la musa inferma,
di giorno in giorno sentendo de’ casi
convien bagnarmi ne’ rivi pegasi.

Vorei volar, ma son terpato corto.
Se e vi paressi la mia rima scioca
non vo’ mi diate d’ogni cosa il torto,
ch’i’ non ho più ardir d’aprir la boca.
Forse che un dì arò qualche conforto,
se mai dal cielo la sua grazia traboca,
farò bene a ciascun se me n’avanza
vivete come me tutti a speranza.

Sento di Calicute e di suo clima.
A Lisbona è tornato un capitano
con nave tre da farne grande stima,
laudandone el signor d’ogni cristiano,
cariche di richeza insino incima.
El nome suo del capitan soprano
Alfonso d’Albulcherca dicto è quello,
stimato assai dal re Emanuello.

Et arivò, secundo che si scrive,
nel mille cinquecento al fin de maggio
quindici adgiunto. E molte cose dive
conducto ha questo come animoso e saggio
da restarli obligato ogniun che vive
e benedirlo d’un tanto viaggio.
Conducto ha gioie, oro et animali
e drogherie per fornir li speziali.

Nella sua giunta el capitan prefato
al re di Portogallo suo signore
un animal rubesto ha presentato,
che a vederlo sol mette terrore.
Questo con le so carne s’è bardato,
soda la pelle e d’uno stran colore,
scaglioso qual le gambe di testudine
e rege a ogni botta come ancudine.

Rinocerote è dicto lo animale.
Pel piè legato lo menon dintorno
e con catene perché a far male
sopra del naso ha un pulito corno,
li orechi d’una mula naturale
e ciascun piè è di tre dita adorno,
le gambe corte e grosso come un bova
e dicesi che fa mirabil prova.

Questo odia lo elefante per natura
e spesso sì lo maza con quel corno,
così ogni animal de sua statura.
Se picoli animal se trova atorno
di noiar quei col corno non se cura,
perché è di descrezione asai adorno
e come lo elefante ha lo intellecto
a tal che l’un de l’altro hanno sospetto.

A Roma già ne ludi di Pompeo
se ritrovò questo rinocerote.
Dicon che fe’ gran prove a Coloseo
perché col corno ogni animale percotte,
tal che in quel tempo pregorno ogni deo
che facesson le forze a quel remote
e, secundo che scrison li romani,
col fiato solo amazò molti cani.

Di quello degnio animale prestante
Plinio fa mentione e Marziale
e trovasi descripto nel Morgante.
Di lui provar che sia questo sol vale:
tutti dicon ch’egli odia lo elefante.
Se viene a Roma e là potré far male,
ma noi faremo in modo se ci viene
che ciaschedun sarà bestia da bene.

Di molti animaleti poi bizari
come altre volte veduti ne sono.
Bertucie e babuini n’ha mille carri,
a ciaschedun baron n’ha dati in dono.
Perché convien che l’altre cosse io narri,
afretar la materia sarà bono
e far breve orazion per non tediare
a quelli che ogi hanno altro da fare.

Donò al re po’ una simitarra,
che dividrebbe in porfido ben fino.
Non è da far con quella risse o sciarra,
ché è lavorata da maestro fino:
la tagliaria ogni catena e sbarra.
Guernita a gioie, tra l’altre un rubino
el qual si stima da tutti un tesoro:
quarantamilia cruciati d’oro.

Quel basterebbe a me se e’ me ‘l donassi
et a lui nulla torrebbe del regno.
Se io avesse qualcun che ne ‘l pregassi
forse che ancora colorirei il disegno,
ma e mi fu ditto che io non vi pensassi
tal ch’i n’ho auto alquanto un po’ disdegno.
Ma io mi vo’ temperare in sue caldi
che e ci sarebbe de li altri ribaldi

Poi un collare di tante gioie inserto,
che farebbe la notte parer giorno,
di perle oriental tutto è coperto,
rubini e diamanti e altre cose ha attorno.
Dettelo al re, secondo ch’io m’acerto,
che fece a rimirarlo assai sogiorno.
E, per abreviarvi le parole
quattrocento cantari ha di corniole.

Quatro maniglie ancor di gran valuta,
che ‘l tutto non se può ben racontare
e ognun vol del vero può far disputa
e con ragion puoi non si può provare.
Se io ti dicessi de la lor valuta,
i’ ti faré per dio maravegliare.
Basta, la cosa è certo tanto diva,
che convien ch’io la lassi e non la scriva.

Et ha condutto per le cortigiane
quatromilia once de musco perfetto
e ben once trecento de ambracane.
Aciò che meglio possin dar diletto
varie altre cose per viso e per mane
et animali che fanno odor nel letto
e tante gentileze e tante frasche
che ciascuna potrà impir le tasche.

E mirra e pepe longo e pepe tondo,
sandali rossi, cubebbe e canella,
legno aloe, reubarbaro iocundo,
indaco, incenso, laca molto bella
e benzuì che fornirebbe el mondo.
Gerofani e zenziber cossa snella
e altra cosa de più qualitade
per operare ogn’or quando gli acade.

Se io volesse a particulari
descender ci fare’ troppa facenda,
cose condotte da diversi mari,
ma convien pur ch’a l’opera m’arenda
ch’i’ non posso coprir poi tanti altari
che a le voglie de ciascun conscenda.
Mi basta avervi detto la importanza
per non guastar quel ch’è lecita usanza.

Quanto obligo abbia la cristianitade
col celibrato re di Portogallo
si vede e repricarlo non acade,
perché non si potrebbe sì laudarlo
che non meriti più per so bontade.
Il ciel consenta in vita prosperarlo,
salvi e mantenga el suo stato giocundo,
tanto che una fe’ sola sia al mondo.

Se ‘l ciel consente mai tra cristian pace,
ispegnerassi tanta fede e lege
e superstizion tutte fallace,
sarà Leon Pastor con una gregge,
e caverasse ogniun de contumace
consental’, se gli piace a chi ‘l ciel regge,
nel grato tempo di papa Leone
per tutto sia de Cristo el confalone.

Io ho speranza per la sua bontà
e per suoi prieghi umilimi et iusti,
che ‘l ciel viver farà sua Sanctità,
tanto che ci trarà de’ passi angusti.
Prosperi il ciel la sua felicità
e spenga gl’infideli tanto robusti
et un dì se gli piace ancor consenti
darmi qualcosa acciò sempre non stenti.

Dirà qualcun che questi versi a caso
si sieno stati fatti e senza ingegnio
e ch’io vituperi le muse e ‘l pegaso
mostrando vile et inetto il mi’ engegnio.
Forse qualcun che serà persuaso
che mi dovessi in versi fare or degnio,
opinione è falsa, ché la sorte
fa godere e stentare insino a morte.

FINIS

Impresso in Roma in casa de mastro Stephano Guilireti a di
tredici de Luio nel mille e cinquecento e quindici.

Io. Ia. de Pennis faciebant Rimas


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